Quarto Tempo, intervista al mister Marco Canestro: “le protagoniste sono e rimangono le calciatrici”

Quarto Tempo, intervista al mister Marco Canestro: “le protagoniste sono e rimangono le calciatrici”

Negli ultimi anni, la Rappresentativa Nazionale Femminile della Lega Nazionale Dilettanti ha conquistato risultati importanti, come le finali al Torneo di Viareggio e numerosi successi in altre competizioni anche con la selezione Under 17. Molte delle sue giocatrici sono oggi protagoniste in Serie A e Serie B, segno di un lavoro tecnico e umano che va ben oltre il campo. Ne parliamo con Marco  Canestro, alla guida di due selezioni nazionali: l’ Under 20 e l’Under 17 che rappresentano la “migliore gioventù” del calcio dilettantistico femminile italiano.

Negli ultimi anni si sono raggiunti traguardi importanti, come le finali raggiunte al Torneo di Viareggio.  Quali sono, secondo lei, i segreti di questa crescita?

Noi siamo lo specchio del movimento. In questi 5 anni il nostro mondo è cresciuto per numero e qualità delle giocatrici. I primi anni avevamo ragazze che avevano cominciato a giocare a calcio tardi, oggi le nostre giocatrici vengono da un percorso completo di scuola calcio e settore giovanile, hanno una formazione migliore sia da calciatrici che, in generale, come atlete.

Molte ragazze che hanno vestito la maglia della Rappresentativa ora giocano in Serie A e B. Che sensazione prova nel vederle crescere e affermarsi?

Sono fortunato, anche tra i ragazzi che ho allenato precedentemente ne vedo tanti in Serie A e alcuni anche in Nazionale. Ad essere sincero però alle ragazze tengo molto di più. Probabilmente perché so che i sacrifici che fanno per portare avanti una carriera calcistica, anche nelle loro squadre dilettanti, sono tantissimi. Riconosco la passione che ci mettono e per questo quando riescono ad affermarsi sono molto contento per loro.

C’è un risultato o un momento in particolare che considera il simbolo del percorso di questa squadra?

Forse il primo torneo di Viareggio. Era la prima volta che ci misuravamo da pari età con le migliori realtà italiane e non sapevamo neanche noi il nostro vero valore. Arrivare in finale con il Milan, che ai tempi aveva 6 o 7 nazionali di categoria più qualche giocatrice straniera, e giocarsela fino ai rigori ci ha dato fiducia e ha acceso i riflettori di tutto il movimento su questa rappresentativa.

Quando le ragazze arrivano in Rappresentativa provengono da squadre diverse, con stili di gioco differenti. Come riesce a creare un’identità comune in poco tempo?

Una grande parte la fanno le ragazze, sono fantastiche anche in questo. Mi sorprendo sempre di come riescano a compattarsi in breve tempo. Sono sicuro che un contributo venga anche dal nostro ambiente. Nella nostra rappresentativa si cerca di vivere l’esperienza in maniera molto serena e senza particolari smanie di risultato.

Quali principi tecnici e mentali cerca di trasmettere loro?

Il tempo trascorso in rappresentativa è sempre abbastanza limitato. Io cerco di far capire che noi incontreremo tantissime difficoltà anche solo per il semplice fatto di giocare insieme per la prima volta. Chiedo quindi di essere molto flessibili, di adattarsi velocemente alle caratteristiche delle compagne e di supportarle in caso di errore.

C’è un aspetto del calcio femminile dilettantistico che ritiene ancora da migliorare?

In questo momento di espansione purtroppo c’è ancora tanta instabilità. Società che per qualche anno portano avanti progetti interessanti poi spariscono all’improvviso e a rimetterci sono, ovviamente, sempre le ragazze.

Il legame con le ragazze sembra molto forte. Quanto conta per lei il lato umano nel lavoro dell’allenatore?

Moltissimo. Quando siamo insieme è ovvio che il nostro focus principale sia la parte tecnica. Poi però dobbiamo convivere H24 per qualche giorno e questo può funzionare solo se si tiene conto del lato umano. Mi piace sapere cosa fanno, come sono le loro giornate e cosa le ha spinte a giocare a calcio. Con tante rimaniamo in contatto anche dopo la rappresentativa, alcune ci vengono a trovare nei raduni quando passiamo vicino le loro città. Rivederle è sempre un’emozione.

Quando una giocatrice lascia la Rappresentativa per un club professionistico, cosa rimane a lei come allenatore?

Se la ragazza va in un club di A o B il merito è principalmente della ragazza stessa e del club in cui si allena. Noi allenatori siamo degli “amplificatori”, cerchiamo di valorizzare le qualità delle giocatrici e il lavoro delle loro società. Io personalmente sono contento che possano vivere un’esperienza importante nel loro percorso calcistico.

E cosa, secondo lei, rimane alle ragazze dopo l’esperienza in Rappresentativa?

Qualche volta l’ho chiesto alle ragazze. Il potersi confrontare con club professionistici per loro è un’emozione però tante mi parlano di tutto quello c’è dietro soprattutto del tempo passato con nuove compagne.

Ha qualche aneddoto o storia particolare che le è rimasta nel cuore?

Come dicevo prima, chiedo alle ragazze di raccontarmi le loro giornate. Mi piace capire dove si posiziona il calcio nella loro vita e che sacrifici devono fare. Sicuramente sono rimasto colpito dalla storia di una ragazza della provincia di Bolzano che la mattina si alzava alle 5 e per andare e tornare da casa doveva prendere funivia e treno, a temperature proibitive. Quando veniva con la rappresentativa era quasi una vacanza. Aveva una passione immensa per il calcio e una grande positività.

Quale crede sia oggi il ruolo e il valore aggiunto della Rappresentativa Nazionale Femminile per il movimento calcistico italiano?

Il nostro obiettivo principale è quello di poter far vivere alle ragazze un’esperienza calcistica importante attraverso il confronto con le migliori realtà professionistiche italiane. Poi dopo il primo torneo di Viareggio, di cui parlavo prima, sono cambiate tante cose. Tante società di A e B hanno cominciato a seguirci e a chiedere informazioni sulle ragazze. In più è nata un’ottima collaborazione con Club Italia e per questo ringrazio principalmente Enrico Sbardella e Jacopo Leandri. Diverse ragazze passate per la nostra rappresentativa sono poi finite nelle nazionali giovanili e questo ci fa molto piacere.

Quanto è importante la collaborazione con i club per far crescere il livello del calcio femminile dilettantistico?

Sono stato allenatore di club è so quanto è “noioso” per un allenatore non aver a disposizione una propria giocatrice anche solo per qualche giorno. Noi cerchiamo la massima collaborazione con i club e per questo mi avvalgo dell’aiuto del Segretario del Dipartimento Femminile Patrizia Cottini. Il messaggio che deve passare è che tutto quello che facciamo, noi e le società, è esclusivamente per il bene delle ragazze.

Come è cambiato il suo modo di allenare in questi anni di esperienza con la Rappresentativa?

Si molto, ricordo il primissimo raduno a Benevento di un po’ di anni fa. Penso di aver detto alle ragazze tantissime cose, sicuramente troppe. Loro furono bravissime ma mi resi conto che la mia comunicazione fu poco efficace. Oggi seleziono pochi concetti e cerco di portarli avanti con costanza nei vari raduni. Del resto le protagoniste sono e rimangono le calciatrici.

Qual è il più grande insegnamento che porta con sé da questo percorso?

Questa esperienza è arrivata in un momento particolare del mio percorso calcistico. Un momento di conflitto con questo sport e con me stesso. Le ragazze però mi hanno dato tanto. Ho scoperto la loro passione genuina e la loro semplicità. Mi hanno aiutato a resettare tutto e godermi l’esperienza. Loro non lo sanno ma sono state fondamentali e le ringrazierò sempre.

Intervista pubblicata anche su sito Quarto Tempo Intervista al mister Marco Canestro: “le protagoniste sono e rimangono le calciatrici” – Quarto Tempo